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Le radici dell’Hip Hop
Dalle rovine del Bronx a un’estetica globale

Un racconto per immagini, suoni e parole sulla nascita dell’hip hop come linguaggio politico e comunitario. Dai blackout del ’77 alle jam nei parchi, dai graffiti metropolitani ai primi versi su cassa e rullante: un movimento cresciuto nel vuoto lasciato dall’abbandono urbano, capace di trasformare ferite sociali in stile, voce e resistenza.

Incendi dolosi, block party, radio pirata, pedagogia di strada: il Bronx come laboratorio di sopravvivenza e creatività. Un affondo critico tra arte, musica e lotta, dalle origini afroamericane alla diffusione globale, passando per Wild Style, Flashdance e la classe del 1986 che ha dato vita alla Golden Age dell’Hip hop.

Non un revival nostalgico, ma una mappa per orientarsi tra genealogie e fratture di una cultura che ha riscritto l’immaginario contemporaneo.


Right On!
Da Malcolm X a Tupac Shakur

Dalle rivolte degli anni ’60 al rap contemporaneo, il nome Shakur attraversa la storia della resistenza afroamericana come un filo che unisce politica radicale e cultura hip hop. Una genealogia che lega attivismo e creatività, memoria e lotta.

Al centro, Saladeen Shakur, figura chiave e ideale continuatore del pensiero di Malcolm X. Attorno a lui, Lumumba e Afeni, volti del Black Panther Party; Zayd, Assata e Mutulu, militanti del Black Liberation Army. Le loro vicende confluiscono in quella di Tupac, artista e testimone, interprete di un’eredità ancora viva.

Un tracciato critico per rileggere il passato e coglierne le risonanze nel presente: nei versi di Nas, nei richiami di Kendrick Lamar, nell’urgenza dei Dead Prez. Gli Shakur non sono solo un cognome, ma un segnale: una presenza collettiva che continua a interrogare arte, parole e coscienza.


Dalla strada al dispensario
Le radici razziste della guerra alla droga

Dal proibizionismo alla legalizzazione, l’hip hop ha raccontato — e vissuto — ogni fase del rapporto tra comunità nere, cultura Hip Hop e marijuana. Un filo rosso che attraversa la criminalizzazione sistematica, gli anni della repressione, fino all’odierna estetizzazione del consumo.

Questo intervento ricostruisce una storia intrecciata di stigma e stile, repressione e rivendicazione: dalle barre incendiarie contro la “war on drugs” alla trasformazione dell’erba in simbolo di status, di business e immaginario condiviso.

Un viaggio critico tra musica, politica e società per capire come l’erba, da pretesto per incarcerare, sia diventata chiave di racconto, identità e resistenza in una delle culture più influenti del nostro tempo.