Record store, memorie in black
Regno Unito/Un documentario sui negozi di dischi come luogo politico di incontro e ribellione Nell’era pre-digitale, i vinili di soul, reggae o rap sono stati per la comunità nera una forza e un collante.
Andare in un negozio di dischi era un vero e proprio raduno di anime affini. Le parole di David Rodigan, guru del reggae britannico, risuonano evocative in The Record Store & Black Music, A UK History, un documentario che scava nella memoria di un’epoca in cui i negozi di dischi indipendenti erano templi di controcultura. Più che semplici rivendite di vinili, questi spazi pulsavano di vita, erano il crocevia di identità e ribellione, dove la musica nera era linguaggio di appartenenza e resistenza.
In Gran Bretagna, per decenni, i negozi di dischi hanno agito da catalizzatori sociali, fucine di tendenze, rifugi per chi cercava un’alternativa alla marginalità. Luoghi di incontro dove il vinile creava legami indissolubili, dove la black music non era solo colonna sonora, ma strumento di emancipazione. The Record Store & Black Music riporta alla luce queste storie sommerse, celebrando il ruolo cruciale che questi avamposti hanno avuto nel tessere la trama della cultura britannica. Le radici di questa storia affondano nel dopoguerra, in una Gran Bretagna in piena ricostruzione, segnata da un’ondata di immigrazione caraibica. In un momento di profonde trasformazioni, i negozi di dischi indipendenti emergono come avamposti di una nuova era musicale, dove il vinile diventa megafono di un’identità in fermento. In quegli anni, mentre il jazz e il rhythm’n’blues Usa incendiano le frequenze radio, pionieri come Morris Hunts (The Disc, Birmingham, 1952) e Doug Dobell (Dobell’s Records, Londra, 1955) aprono spazi dedicati a questi suoni d’oltreoceano. A Brixton, nel 1959, Theo’s Records offre calypso, mento e r&b alla crescente comunità nera londinese.